mercoledì 23 luglio 2014

Goditi le gioie che derivano dal guardare una lontra sguazzare e non rompere i coglioni.


Sul numero di aprile di Rumore (rivista dedita ai rock vari) è uscita un'intervistona ai Fratelli del Cielo, ad opera di Daniele Ferriero.
Dovete sapere però, che se l'avessero pubblicata per intero, avremmo occupato l'intera foliazione.
Siccome c'erano domande importanti e risposte ineludibili, pubblico la mia parte di intervista integrale.
Le domande di Daniele(in grassetto) sono matte e sbrindellate perché è una di quelle interviste dove viene pubblicata solo la risposta.
E ora mettetevi comodi:



Come tenebroso discutibile metodo d'appunto, sul tuo lavoro ho provveduto a segnarmi: "'Ratigher è l'atleta olimpionico vero, il narratore sottovalutato ma muscoloso, il segno del successo. Talmente grande che non vedi i bordi, non ti rendi conto, ci cadi dentro faccia in avanti". Insulti, sguaiate risate e minacce di morte a parte, dovessi auto-descriverti o criticarti fortemente (in materia di lavoro, tecnica o contenutistica ma anche in generale, se preferisci), quali pensi siano i tuoi punti di forza e debolezze congenite, quali i punti sui quali dovresti maggiormente lavorare per migliorarti e quale un obiettivo visionario che ti sei imposto o a cui tendi?

Il mio miglior pregio è l'assenza di un diffuso difetto. Sono privo d'orgoglio. Puoi dirmi che faccio dei fumetti brutti o, al contrario, elogiare le mie doti nella scrittura dei dialoghi; la cosa non mi tocca. Non faccio fumetti per migliorare me stesso, faccio fumetti per migliorare i fumetti. In realtà le critiche negative non mi lasciano indifferente, anzi, le ascolto e le cerco e poi le valuto. Quando colpiscono nel segno sono regali per i libri futuri, che spero saranno sempre meglio del precedente. l'obiettivo che mi pongo è di realizzare, prima o poi, uno di quei libri che metti nello zaino prima di imbarcarti per un'avventura. 

Trama: sappi che ho provveduto a spacciarlo presso una serie di fortunati amici, come non avessi un domani e ne fossi diventato schiavo. Lo adoro, e negli ultimi anni, in materia di fumetto italiano, rimane forse il mio preferito (forse perché ora non riesco a pensarne altri ché ho la ram limitata). Ho addirittura accarezzato con un amico l'idea di proporti una versione in forma di cortometraggio che traducesse le tue cose con il linguaggio cinematografico e una location che vedesse nella pianura padana (in particolare la periferia milanese) la sua estensione, tra pseudo-paludi, campi e nebbia a perdita d'occhio, 'ndrangheta surreale, filiazioni da La casa delle finestre che ridono e via dicendo (forse te lo sto proponendo adesso). Comunque: quale la spinta per questo lavoro, l'idea o l'immagine iniziale, quali i paletti, limiti e risultati che ti eri prefisso? A distanza di tempo dalla pubblicazione quale risultato pensi di aver raggiunto, e sotto il profilo artistico e sotto quello economico e professionale? Hai in ballo progetti simili, dove per simili intendo full lenght, dove per full lenght vorrei evitare di utilizzare termini quali graphic novel – d'oh! - per farmi intendere? Cosa puoi dirmi a proposito di U.D.W.F.G?

Trama è stato il mio primo racconto lungo, come spesso capita per la prima prova, è un calderone di troppe influenze e necessità. Sovente mi capita di leggere o vedere qualcosa che mi ha acceso delle scintille per fare quel libro ma che col tempo mi sono dimenticato, c'era troppa roba dietro. Pochi giorni fa, ad esempio, ho visto in tv "Cruel intentions" e mi è rivenuto in mente quanto mi avesse spinto a raccontare di giovani ricchi e continua tensione sessuale. Trama, nonostante questo esubero di influenze, mi è uscito ordinato perché l'ho realizzato a trent'anni che, come dice Scozzari, è l'età minima necessaria per poter essere in grado di raccontare con una propria voce. Ho anche scoperto di aver rubato un disegno ad Alessandro Baronciani: a metà del libro c'è una bizzarra casa simile a dei gradoni discendenti; mi comparve nella testa un giorno, proprio come un fulmine nel buio della mente; e invece, due mesi fa, l'ho trovata riguardando un vecchio fumetto di Baronciani, identica a quel lampo di ispirazione. Per chiunque voglia leggere Trama, vi informo che è possibile scaricarlo gratis dal sito retinacomics.org
Il formato graphic novel, del racconto lungo per intenderci, è il mio preferito ed è quello su cui sto lavorando in questo periodo, probabilmente a giugno vedrà la luce il primo dei nuovi lavori. U.D.W.F.G. è invece una rivista internazionale semestrale, edita dalla Hollow Press, che serializzerà la mia prima serie d'avventura tout court, Five Mantles: lotta per la sopravvivenza ambientata in un mondo claustrofobico di labirinti e dungeon fantasy.

Galassia Superamici e Fratelli del Cielo: dov'eravate, dove volete andare?
Non credi che a tratti l'eccesso di ironia e umorismo abbia spinto per cedere in direzione opposta, impedendovi, soprattutto come gruppo, di incidere diversamente, e con più forza, sul panorama culturale italiano? In questo senso, per esempio, i lavori su XL non avrebbero potuto essere una degna piattaforma di lancio? Nei termini di permeabilità del mercato, cosa potrebbe sostituire XL? Cosa cambierà, comunque, con Fratelli del Cielo?

La sezione a fumetti di XL è comunque stata una novità, per chi la leggeva e per chi la realizzava, credo quindi che gli effetti ci siano stati ma che siano più in forma di germogli che di impatto immediato. Per quanto riguarda il nostro tono scanzonato come gruppo, può essere vero che ci abbia chiuso qualche porta, ma di certo non quella del "panorama culturale italiano" del quale non si riesce più a scorgere, non dico la casa, non dico l'uscio,ma manco lo zerbino, perché se lo sono rubato. Io vedo solo valenti singoli immersi in un mare di timorosi. Il nome è cambiato da Super Amici in Fratelli del Cielo perché cambiare nome, quando questo sta finalmente prendendo piede, è insensato. E se non facciamo le cose insensate rischiamo di temere di non poterle fare, e soprattutto di non scoprire cosa succede ad intraprendere strade sconosciute.

Molte, le tue collaborazioni, le copertine (Vice, per dirne una), le magliette e compagnia: necessità professionale o economica, risultato di una rete di relazioni e amicizie che dà i suoi frutti, semplice conseguenza di fatti? Quale tra questi il lavoro che spicca, secondo te?

Faccio molte grafiche per gruppi musicali del giro punkhc o derive sciroccate e non ne traggo vantaggio economico, perché mi permetto il lusso di applicare il metodo Steve Albini: fai pagare milioni i gruppi scarsi e niente(o solo le spese) i gruppi fighi. Il problema è che tutti i gruppi con cui ho a che fare sono, o bravissimi, o simpaticissimi, e spesso entrambe. I soldi me li faccio dare quando lavoro come illustratore per riviste o come nel caso di Vice, dove ho una rubrica a fumetti fissa. Di quest'ultima sono soddisfatto, si chiama "Intanto Altrove" e sfrutta un meccanismo che probabilmente può essere utilizzato così efficacemente solo con il fumetto; si tratta di descrivere lo stesso istante in tutti i luoghi del mondo. Anche questa serie è interamente leggibile on line sul mio blog.

Quale il contributo che ti piacerebbe dare rispetto a un lavoro altrui a tua scelta, senza considerare i limiti temporali, spaziali, di genere, timbro, sezione, numero del caso? Quale il fumetto così intensamente nelle tue corde da sentirlo fratello?

Ora non mi interessano le collaborazioni. Abbiamo in canna un libro insieme io e Maicol&Mirco, che credo rappresenti il perfetto spicchio di intersezione dei nostri due insiemi, quindi non è una collaborazione, è un libro mio e di Maicol&Mirco contemporaneamente. Uscirà tra due anni.

Donna Bavosa, Laghetto, Bologna, Dams: mischia, commenta, trai linee, conseguenze, critiche, pianti e sorrisi: a ruota libera (domanda super-opzionale)

Sono tutte cose che mi sono successe o che ho contribuito a fare accadere. Per quanto riguarda il gruppo, i Laghetto, è di sicuro la cosa più emozionante che ho fatto con altre persone. Adesso potrei raccontarti mille aneddoti ma sono convinto che queste cose non si debbano rievocare, la narrazione inchioderebbe questa esperienza ad un tempo, un luogo, delle persone specifiche. Invece il punkhc funziona che domani fondi un gruppo e vedi con i tuoi occhi. è una cosa sovversiva, se la spifferi in giro la disinneschi. 



DOMANDE IN COMUNE CON GLI ALTRI FRATELLI DEL CIELO
di seguito le MIE risposte.

Partendo dalla fine: quali pensate siano stati i risultati portati a casa dai Superamici, soprattutto in funzione del movimento come un corpo teoricamente unico di singoli praticamente diversi? Credete che l'esservi costituiti parto civile abbia portato vantaggi sul fronte organizzativo, economico, creativo o il tutto è stato solo un risultato più o meno atteso dato dalla frequentazione/amicizia dei singoli partecipanti? Quali i risultati inaspettati, e quali le risultanze positive – se non goduriose -  fatte e finite?

Individuo nel Buon Umore il principale trofeo conseguito dalla fondazione e conseguente attività del gruppo. Un premio che di certo non speravamo di vincere con tale decisione e superiorità schiacciante sugli inseguitori(i nostri ii imbronciati). Con una metafora automobilistica, si potrebbe dire che la nostra principale preoccupazione in gara era quella di non fare incidenti in fase di doppiaggio, e poi giungere, tutti e cinque contemporaneamente ed in seconda, sulla linea del traguardo.

Colgo l'occasione dell'uscita di Piccolo atlante storico geografico dei centri sociali italiani, di Claudio Calia, per domandarvi: quanto la rete dei csoa, gli squat e gli spazi occupati a vario titolo hanno funzionato come snodi del vostro percorso, ovvero quanto c'è una continuità tra il vostro gusto, le tematiche, l'etica o estetica del caso rispetto a questi spazi e proposte? La domanda viene in mente anche (forse soprattutto) a partire dal fronte musicale, date le varie frequentazioni, gli eventi, i Laghetto, concerti, festival di fumetto, presentazione di volumi e via dicendo. E sulla musica, dunque, sempre in riferimento a queste realtà: quali i gruppi, progetti,  eventi, festival con cui vi sentite particolarmente empatici; e quali gli insospettabili che vi provocano amore duro?

Gli spazi occupati e il giro della musica fracassona e consapevole sono ambienti che ci mettono in uno stato d'animo aperto e curioso. In questi luoghi abbiamo visto accadere molte cose affascinanti, che non vi racconteremo, perché il "segreto" è il principale ingrediente della ricetta perfetta. Tanto segreto+dieci amplificatori alti come ragazze alte+una spruzzata di murales nichilisti e una decisa shakerata con "impegno in prima persona" e il gioco è fatto; servire caldo o non servire mai più.

Rimanendo parzialmente in tema: qualche anno orsono ho intervistato protagonisti e scritto a proposito di due progetti:  HYPERLINK "http://www.a4god.com/"A4GOD HYPERLINK "http://puckcomicparty.blogspot.it/"Puck. Entrambi, in maniera diversa, possono essere visti come una sorta di mappatura di certi movimenti più o meno sotterranei, italiani e internazionali, in  tema d'illustrazione, fumetto e dintorni. Domanda: credete che, in fondo, questa necessità di catalogazione, di fronte comune o sguardo fraterno resti e possa essere utile, o invece, tutto sommato,  si corre il rischio di cercare e creare solo ulteriori barriere a discapito d'incontri ulteriori o inaspettati? Ovvero, non può diventare una sorta di esclusione per chi certi ambiti non li frequenta o li raggiunge in tempi e modi diversi? In questo caso, quale potrebbe essere la soluzione della questione?

Catalogare l'Oggi è impossibile. Mentre le cose si dicono non si possono raccontare, ci si sovrapporrebbe e il discorso diverrebbe un pasticcio incomprensibile. Noi partecipiamo a pubblicazioni e cataloghi per la gioia di far disegni che non faremmo se non ci avessero chiamato al telefono rosso delle proposte esterne. Per quanto riguarda il rischio della "festa privata", anche noi ne siamo angustiati. Cerchiamo quindi di frequentare solo le feste di amici stretti o quelle di sconosciuti con le case più sfarzose e i frigo più forniti.

L'impressione, da frequentatore molto interessato (tradotto: lettore ossessivo), addetto ai lavori (leggi: no tesserino del tifoso scribacchino) e scimmia curiosa (scimmia curiosa) è che, nonostante un lavoro costante e insistito su qualunque fronte (dall'organizzazione spicciola alla promozione, vendita, presentazione, featuring, collaborazioni, etcetc) e i risultati raggiunti, ben visibili, non vi resti altro che continuare a lavorare, tipo Stakanov. Credete che un difetto strutturale dell'editoria italiana, l'industria culturale e del mercato fatto e finito in effetti ci sia, oppure ritenete di aver mancato anche voi su qualche fronte del vostro lavoro? Nell'uno e nell'altro caso quali sono le mosse pratiche e le azioni da compiersi per cambiare lo stato delle cose? Inoltre, questi fantomatici difetti, nel crudele specifico, quali sono? E quali gli eventuali punti di forza rispetto all'estero?

Alla fine tutti quelli che lavorano sono costretti a continuare a lavorare. Ad esempio, un mio amico fa l'agente di top model giapponesi e fino a quando nasceranno delle carinissime ragazze giapponesi(rare, ma quando sono belle, sono belle belle) il mio amico sarà costretto ad occuparsi di loro. Il lavoro è fatto così. Per quel che ci tocca nello specifico, io credo che la nostra attività, epurata dal guizzo artistico ed autoriale, sia paragonabile per impatto e bacino d'utenza al mercato degli acquari per lontre. Goditi le gioie che derivano dal guardare una lontra sguazzare e non rompere i coglioni.

Tornando ai Superamici, cosa pensate vi abbia portato in termini di visibilità mediatica, forza d'immaginario e simili il muoversi come gruppo, giocando con gli stilemi del caso, la curiosità giornalistica un po' paracula (ditelo di nuovo, se avete il coraggio!) e operazioni organizzate altrimenti? A tratti c'era l'impressione d'una forma di pubblicità o di marketing piegata a fini più nobili, o diversamente nobili- ma ci sono fini nobili fatti e finiti? Soprattutto: vi siete mai guardati in faccia dicendovi: prendiamoli tutti per il naso, la gola e poi magari un poco ripensandoci? Se la risposta è no: c'è o ci può essere un limite oltre il quale il gioco diventa solenne presa per il culo a discapito di chi ne fruisce?

Questa domanda non l'ho capita ma risponderò comunque perché credo sia importante: noi raccontiamo solo una piccolissima parte di ciò che realmente facciamo, non possiamo permetterci di comunicare della fuffa. L'ultima volta che ci siamo guardati in faccia ci siamo messi a ridere e poi ad urlare.

Oltre agli spazi di cui sopra, col tempo, e gli anni, pare fioriscano nuovamente  anche gallerie, circoli culturali, luoghi per esposizioni ad hoc, nonché rassegne di fumetto non proprio commerciale. È una cattiva impressione, una realtà, cos'altro? Soprattutto: qui c'è l'incontro tra moltitudini che c'entrano poco le une con le altre, e magari si scontrano, o diventa un'ennesima tappa di frequentazione per persone che, in potenza, già si possono frequentare? In tal caso, di nuovo, i risultati pratici e teoretici per voi più ammirevoli quali sono? Qualcosa da segnalare dal fronte?

Credo sia come la scuola dell'obbligo, i tuoi amici sono fan degli U2 e ti innamori di ragazze razziste. è la vita.

Cattiveria libera in continuazione indiretta con la precedente: a tratti, nel dividersi tra generi, timbri, modalità d'espressione e commento si ha (avuto) comunque l'impressione che in certi circoli/scene (ahi) e frequentazioni – soprattutto tra fumetto e musica - a girare fossero spesso gli stessi medesimi nomi, concetti e tematiche, ovvero che si finisse, volontariamente o meno, per cedere il passo a una sorta di tenuta d'avanguardia, non troppo diversa da certi linguaggi partiti piuttosto de core dal basso e dal quotidiano per poi farsi, ahem, snob. Non c'è un rischio, anche piuttosto grosso, da qualche parte, qui dentro, che la qualità o il senso stesso dei lavori ne escano fuori male, o menomati o simili? Siamo/siete sicuri che alle vostre cose si possa relazionare anche un ragazzo qualunque, con una vita magari ripetitiva, un lavoro "qualunque", la conescenza dell'"arte" e dintorni tutt'altro che una priorità?

I ragazzi qualunque con un lavoro qualunque sono rarissimi, una super nicchia inevitabilmente dedita all'assassinio seriale. Forse queste persone non possiamo raggiungerle, ma ci sono di grande aiuto quando dobbiamo raccontare storie truci e disumane. 

Finiti i Superamici, dove vanno i Fratelli del Cielo che non sia il cielo stesso? Cosa è cambiato, cosa volete, chi siete, perché, dove, come, quando? Avete finito l'Estathè?

Fin dagli albori della specie umana abbiamo rivolto gli occhi al cielo, chi con riverenza, chi con timore, chi con tono di sfida. Noi con tono di sfida.


Tra una cosa e l'altra, tanti, molti amicici partiti punkhc sono finiti a fare le cose più disparate, tra disegni, cucina, dj set, gli artisti performativi e quant'altro. C'è un insegnamento da qualche parte, o un motivo preciso? O è logica e buon senso puro e semplice? Ho forse finito le domande ed è per questo che non sproloquio più – o comunque meno? Facciamo comunque nove, così non è cifra tonda, dai.

Il punk hardcore è caos, non musica. E quando dico "non musica" non intendo dire che non sia musica, ma che sia NON musica(non credo di dovermi spiegare meglio con i lettori di RUMORE). Non c'è un insegnamento, è una lezione imparata in partenza che poi ripeti, senza pensare, in ogni tuo gesto.

Essendo che la voglia dell'articolo mi è nata per essermi regalato, e aver regalato, la collezione Hobby Comics, portando a casa quello che mi mancava, baro e faccio un'altra domanda: partendo dal posterone finale di LRNZ (grazie, sì, l'ho appeso in casa, vale tutte le candele della macchina) non avete mai avuto la tentazione di fare gruppo fino a finire col fare azienda pura e semplice e procedere coi modellini, il fumetto facilmente commerciabile, il gruppo riconoscibile come fosse antani, o Frigidaire, o piuttosto in termini più moderni ancora, e magari più prossimi, Fort Thunder e dintorni? Se così non fosse, la scelta è stata etica e voluta o semplicemente è arrivata? Inoltre: chi, in Italia, a prescindere dallo stile, genere, medium di appartenenza potrebbe agevolmente fruttare in tal senso?

Se dovessimo diventare un'azienda compreremmo la quota di maggioranza di Rumore e vi obbligheremmo a mettere tutti i mesi in copertina dei sosia. Tipo i miei amici di Varazze al posto dei Melvins o DJ Balli al posto di Billy Corgan.


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